Perfume Genius – No Front Teeth (ft. Aldous Harding)
Ogni volta che esce un video di Perfume Genius o uno di Aldous Harding prima di schiacciare play sappiamo già che succederà qualcosa di magico e incredibile, figuriamoci appena scopriamo che hanno fatto un pezzo insieme.
“Better Days, let them touch me
No front Teeth è il nuovo brano di Perfume Genius, anticipa l’album “Glory” in uscita il 28 marzo.
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Nazar – Anticipate
Il movimento sincronizzato degli stormi, spesso di storni, che danzano nel cielo in forme mutevoli e perfette si chiama mormorio. Ogni uccello reagisce in tempo reale ai movimenti dei vicini più prossimi, mantenendo la distanza e adattando posizione e velocità in tempi brevissimi, frazioni di secondo. Non c’è nessun capo, nessun direttore d’orchestra, nessun coreografo.
Nel nuovo singolo di Nazar, Anticipate, i suoni si muovono come in un mormorio, aprendosi e chiudendosi controluce, cambiando direzione continuamente, in un equilibrio dinamico tra l’ordine e il caos, tra individualità e collettività.
Nazar è cresciuto in Belgio ed è tornato in Angola dopo la fine della guerra civile nel 2002. La sua musica, come la sua vita, racconta la violenza, l’ingiustizia, la repressione durante 27 anni di guerra civile, ma anche la speranza, la resilienza e l’orgoglio di un popolo sopravvissuto al conflitto. Questa settimana ho ascoltato tutta la sua discografia: “Guerrilla”, album del 2020 e un ep del 2018, “Enclave”. Ci sono suoni di armi e di attacchi aerei mescolati ai synth che non dimenticherò mai. Con Anticipate annuncia l’uscita di un nuovo disco, “Demilitarize”, prevista per il 25 Aprile (ottimo giorno per mettere giù le armi e per festeggiare la pace).
Dopo “Guerrilla” e proprio all’inizio di una storia d’amore, nel 2020 Nazar si ammala, il suo sistema immunitario è molto debole, ha una tubercolosi latente, rimane gravemente malato per un anno. L’amore e la resa dei conti con la mortalità sono le due cose che hanno motivato e fatto nascere il nuovo album, staccandolo un po’ dal suo modo di fare musica. In “Demilitarize” non ci sono suoni reali, non c’è nessuna guerra. C’è solo un ragazzo che si toglie l’armatura, accetta il suo corpo e si lascia travolgere dalla sua anima, sincronizzandola con quella del mondo, come in un mormorio.
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Delphi – Pesi Massimi
Sono passati 133 anni da quando, il 7 settembre 1892, si disputa a New Orleans il primo campionato mondiale tra pugili con i guantoni. Dai protagonisti di quella sfida, John L. Sullivan (“The Boston Strong Boy”) e James “Gentleman” Corbett, al campione in carica Oleksandr Usyk (“The Cat”) la carrellata di pugili, soprannomi bellissimi e storie incredibili è lunghissima. Te lo immagini camminare per strada, bere il caffè al bar, comprare il giornale, tirare dentro il bidone dell’umido, sapendo di essere il campione del mondo dei pesi massimi? L’orgoglio deve essere molto simile a quello che si prova ascoltando Pesi Massimi di Delphi.
“Sport & Calcio” è il nuovo disco del produttore romano Delphi (metà Tiger & Woods), uscito lo scorso venerdì. L’album fa parte della collana “Moderne Sonorizzazioni” dell’etichetta Quattro Bambole Music, che indaga l’hip hop strumentale e le sue infinite possibilità espressive. La collana ha una grafica riconoscibilissima, un terzo della copertina è occupato da una banda bianca con scritto “M.S.” Se vi sembra familiare non è per le sigarette che fumava vostro padre ma è per “Classe Operaia”, il disco di Jaybee Vibes di cui abbiamo parlato (benissimo!) a gennaio dello scorso anno nella puntata #132.
Per Delphi lo sport in generale e il calcio in particolare diventano pretesti per fare musica, evocando immagini e suggestioni che ci portano davanti alla tv alla domenica pomeriggio, in mezzo alla curva o sulla terza corsia di una piscina olimpionica. C’è un brano per il pavimento liscio dei campi da basket (Parquet), uno che racconta un combattimento di fioretto (Duelli) e uno Slalom Gigante. È un disco bello, che dona una grazia nuova ai nostri sogni atletici di quando eravamo bambini.
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Camille Cabbabe è una filmmaker, sceneggiatrice e musicista libanese. “K2” è il suo primo album da solista, dopo aver collaborato con le band di Beirut Filter Happier e KŌZŌ.
“K2” è uscito lo scorso venerdì e il mio consiglio è di ascoltarlo tutto d’un fiato su YouTube guardando il montaggio video che ha creato per accompagnarlo. È un disco profondamente personale, ispirato dal ricordo di suo fratello Karim scomparso nel 2014. Sono 18 tracce, brevi, perlopiù strumentali, che raccontano l’amore e la perdita del fratello. Si può conoscere una persona ascoltando soltanto un disco? Credo di sì. Sono passati 10 anni, la paura di perdere tutti i ricordi inizia a sentirsi forte, trasformare la loro essenza in qualcosa che rimarrà per sempre aiuta a sopravvivere un po’ più sereni. Una nota può così trasformarsi nel suono dell’ultimo incontro, un’altra nel giorno in cui hanno giocato ai videogiochi per tutto il pomeriggio con gli occhi che bruciavano.
Quando si perde qualcuno di importante il tempo smette di esistere. Sono passati 10 anni, è passato un giorno, non importa, il tempo si misura con lo spazio che le cose occupano dentro di noi. Dobbiamo prenderci cura di quello spazio, renderlo un posto sicuro e sacro – e se possibile scriverci una colonna sonora.
Moon & Domine è il mio brano preferito, è una canzone che fa tenere gli occhi chiusi e li fa stringere forte quando passano le distorsioni, come quando siamo per strada e vicino sfreccia una macchina molto veloce. Uno stupido istinto protettivo, una tenerezza verso il nostro corpo stanco. Finisce sospesa, come se non fosse successo (ancora) niente.
Camille Cabbabe su instagram / bandcamp
Lo scorso venerdì è uscito “Rarely Do I Dream”, il nuovo disco di Youth Lagoon.
Con l’aiuto di Rodaidh McDonald (con cui ha collaborato anche in “Heaven is a Junkyard”) ha mescolato gli audio delle cassette a storie di diavoli, di bar, di detective in un’ambientazione tipicamente americana. Il sangue dei legami di parentela è lo stesso che bramano i vampiri, capricci e rivoltelle, telefonate con i walkie talkie, la mamma che fuma in veranda e il cane che aspetta dietro la porta. I ricordi di Trevor Powers si intromettono come fantasmi nelle sue microfiction creando un immaginario cinematografico e spettrale.
Dentro questo disco (che è bellissimo) c’è anche una canzone che mi ha salvato la vita quasi un anno fa di cui ho scritto qui (Puntata #145) e a cui vorrò bene per sempre.
Nella traccia di apertura, Neighborhood Scene, una voce maschile descrive il processo di trasferimento di una pellicola da 8mm al videoregistratore come lo farebbe un commissario di polizia o un paleontologo che ha appena trovato lo scheletro di un brachiosauro. In “Rarely Do I Dream” ci sono molti personaggi: una cameriera che indossa sempre il grembiule al contrario, una ballerina di lap dance, un uomo che tiene una pistola nella portiera della macchina e un playboy sotto il sedile che protegge il parcheggio e il nostro shopping.
L’ultima traccia, Home Movies (1989-1993), ci ricorda che prima di tutto, prima di una favola western noir e prima di una Spoon River privata e a lieto fine – il nastro che si riavvolge – “This is Trevor’s story”.
“Rarely Do I Dream” è un album ma sembra proprio la vita.
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